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DOPO AL QAEDA. LA NUOVA GENERAZIONE DEL TERRORISMO

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François Heisbourg, Dopo Al Qaeda. La nuova generazione del terrorismo, Armando Editore, Roma 2013

 

Dopo Iran, le choix des armes? e L’épaisseur du monde François Heisbourg ha pubblicato Après Al Qaida. La nouvelle génération du terrorisme, che esce ora in italiano per i tipi di Armando Editore.

Heisbourg è consigliere speciale della Fondazione per la ricerca strategica, nonché presidente dell’Istituto Internazionale per gli Studi Strategici di Londra e del Centro per la Politica di Sicurezza di Ginevra, ed ha svolto un ruolo importante nell’elaborazione della dottrina francese per la sicurezza nazionale, elaborando i Libri bianchi La France face au terrorisme (2006) e Défense et Sécurité nationale (2008).

Secondo Heisbourg, una volta finito il monopolio del terrorismo da parte di Al-Qaida, si prefigura uno scenario di maggior diffusione e dispersione delle attività terroristiche, in cui la crescita dei mezzi di distruzione e la loro accessibilità da parte di gruppi e individui agevolerà azioni terribili di “iperterrorismo”: catastrofi di tipo nucleare, biologico e chimico.

A questa previsione ne segue un’altra, relativa alla reazione della società e delle autorità pubbliche. “Proprio come l’opinione americana ha accettato qualsiasi misura restrittiva rafforzata dopo l’11 settembre – Guantanamo, le prigioni clandestine, i trasferimenti illegali, l’invasione dell’Iraq, le torture di Abu Graib, ecc. -, le popolazioni colpite reclameranno le misure più ferme e le azioni più drastiche. Ogni sentimento di debolezza o di menzogna dello Stato sarà immediatamente colpevolizzato e punito”.

Di qui la necessità, conclude l’autore, di una preparazione totale di fronte alle grandi catastrofi preventivate. “Preparare in anticipo delle leggi adatte alla lotta antiterroristica permette nel corso del dibattito democratico di mettere in pratica le misure di salvaguardia necessarie procurandosi anche dei mezzi efficaci”.

Nonostante la competenza dell’autore circa l’argomento da lui trattato, la fenomenologia terroristica da lui evocata evidenzia qualche significativa dimenticanza. Egli cita infatti numerosi casi esemplari di terrorismo: dagli anarchici dell’Ottocento all’IRA, all’ETA, al GIA, ad Action Directe, alla Rote Armee Fraktion e ad altri gruppi armati, arricchendo ulteriormente l’elenco con l’aggiunta di Hezbollah e Hamas. La panoramica però non fa nessuna menzione dell’OAS né delle organizzazioni terroristiche sioniste (Irgun Zwai Leumi, Hagana, Stern ecc.).

Per quanto infine concerne la conoscenza della dottrina islamica del jihad (e non della jihad, come ci si ostina a scrivere), uno studioso del fenomeno “jihadista” si sarebbe potuto informare meglio. Non è vero infatti, come si legge a p. 11, che “è un dovere di ogni musulmano fare la jihad”. La giurisprudenza islamica stabilisce invece che il gihad è un dovere personale per tutti i musulmani liberi, puberi, dotati di ragione e capaci di combattere che si trovino in prima linea; per cui, se un gruppo di musulmani adempie all’obbligo del jihad, tutti gli altri ne sono dispensati.

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