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UN “OMBRELLO” DA RIFIUTARE NELL’INTERESSE EUROPEO

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Il caso del MUOS di Niscemi risolleva la questione delle basi statunitensi disseminate per l’Italia, l’Europa e il pianeta. Chi critica la decisione di fermare la costruzione della base in Sicilia argomenta tirando in ballo la logica del “non nel mio cortile”; cioè: vogliamo sì le comodità e le sicurezze della modernità, senza però volerne pagare il prezzo. Il punto è, tuttavia, proprio questo: abbiamo ancora bisogno dell’ombrello nordamericano? La Guerra Fredda è finita da un pezzo, non viviamo più in un mondo bipolare, spaccato tra il blocco statunitense e quello sovietico. Ora la situazione è più frammentata, e l’Europa potrebbe essere più forte e rivendicare strategie geopolitiche indipendenti dalla politica estera degli USA.

Per prima cosa, l’Europa dovrebbe cercare di appianare i suoi dissidi e le sue rivalità intestine, e cercare di stabilizzare e rendere più equa la situazione economica al suo interno. Le enormi sperequazioni tra i vari Stati membri ci offrono un’Europa a velocità diverse, ma con la stessa moneta, per cui c’è già chi parla di creare un euro forte e uno debole. Ovviamente un tale sistema non può reggere per molto tempo e in tutto il Continente proliferano i gruppi politici che invocano l’uscita dalla moneta unica. Guardare per prima cosa al proprio interno, dunque, e per seconda cosa consolidare o creare i rapporti con i cosiddetti Paesi emergenti, cercare di spingere la ricerca verso fonti energetiche alternative, e nei limiti del possibile pulite, visto che l’Europa non ne dispone molte.

Contemporaneamente, l’Europa dovrebbe munirsi di un esercito unitario e, a quel punto, che senso avrebbe per le forze statunitensi rimanere? Le ragioni di tale permanenza le ha fornite chiaramente Mark P. Hertling, Comandante delle Forze Statunitensi in Europa: “L’Europa è un’area strategica da cui possiamo supportare operazioni che si svolgono in questo emisfero, mentre lavoriamo con i nostri alleati e partner e in questo modo il nostro obiettivo è quello di rispondere a tutte quelle sfide che stanno emergendo nel XXI secolo”.

Solo in Italia i militari statunitensi sono 2.600, in tutta Europa 40.000 (dati del 2012). Obama ha sì detto che intende ridurre il numero dei militari in Europa, di circa 10.000 unità, ma le spese in campo bellico rimangono ancora una priorità per gli Stati Uniti. La Cina ha superato gli Stati Uniti come volume d’affari, ma dal punto di vista militare è ben lungi dal raggiungerli; se la Cina ne ha spesi poco più di 100, questi ultimi hanno, infatti, raggiunto quasi i 700 miliardi di dollari nel 2012, cui si aggiungono gli sforzi dei suoi alleati al di là dell’Atlantico, e tutto questo materiale dovrà, prima o poi, essere usato.

Il caso del MUOS, poi, coinvolge anche la questione dei droni e, con essi, la forma di guerra più vigliacca mai condotta nella storia. Il Presidente degli Stati Uniti, Premio Nobel per la Pace e Comandante in Capo del più potente esercito del mondo, ha dichiarato che, se potesse, manderebbe in Afghanistan solo automi, per non sacrificare la vita dei militari suoi connazionali; difatti, ha intensificato l’uso dei droni, dispiegandone molti di più di quanto non fece l’amministrazione Bush Jr.

All’interno di questo quadro, è interessante osservare il caso del Kosovo. Un fazzoletto di terra dentro la Serbia, a maggioranza albanese, si dichiara indipendente; gli Stati Uniti appoggiano la richiesta e, nonostante il Consiglio di Sicurezza Onu non appoggi l’intervento, intervengono militarmente adducendo come motivo una pulizia etnica effettuata da Milosevic. Il Kosovo ottiene così l’indipendenza e la più grande base statunitense di tutta Europa. La posizione strategica e geopolitica è importantissima: in funzione antirussa e per il controllo dei flussi di petrolio che coinvolgono l’area del Mar Caspio, il Vicino Oriente, l’Europa orientale e parte di quella mediterranea. A questa base (Bondsteel) sono da affiancare quelle situate in Romania, Bulgaria, Croazia e Montenegro.

Non deve, quindi, stupire quanto detto dall’ex-segretario di stato Hillary Clinton nell’aprile del 2012 e cioè che gli USA si impegneranno affinché il Kosovo entri non solo nella NATO, ma anche nella UE.

C’è però la questione Regno Unito, che in virtù della “speciale amicizia” che lo lega agli USA, e delle relazioni tra la borsa di Londra e quella di New York, sembra tenere molto di più all’alleato oltreoceano che all’Europa. Del resto recentemente David Cameron ha annunciato che la permanenza nella UE è in discussione. Dovrebbe quindi decidere cosa volere fare da grande, continuare a seguire gli USA nelle loro politiche economiche ed estere, o cercare, assieme a tutto il resto dell’Europa, una via alternativa?

Similmente la Francia dovrebbe lasciarsi alle spalle la sua storia coloniale, e non intromettersi più nelle questioni interne a quelle che considera ancora le proprie colonie.

L’Europa, infine, non dovrebbe persistere nella scelta di assecondare gli USA nella loro politica nel mondo arabo e musulmano, ma dovrebbe trovare rapporti diversi; in tale compito dovrebbe impegnarsi in particolare l’Italia, che per posizione geografica e relazioni storiche ha sempre avuto rapporti privilegiati con alcuni Paesi arabi. Questa inversione di rotta produrrebbe, oltre tutto, il non trascurabile risultato di sfoltire le schiere dell’estremismo settario, contribuendo alla pacificazione dell’area.

 

 

* Francesco Viaro è laureato in Lingue e Letterature straniere presso l’Università degli Studi di Padova.
 


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